Maurizio Ruzzene (Associazione decrescita – RETICS)

* Prima parte del testo:

Di fronte alla crisi. Il ruolo della politica e delle monete alternative nel sostegno delle economie di cura, pubbliche  ed eco-solidali

(materiali per la seconda “Scuola Estiva sulla Decrescita e sulle Economie Solidali” – Giovinazzo, 2016 – elaborati nell’ambito del progetto SELS – Sistemi di Economie Locali Sostenibili)

 

Indice

I PARTE: CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

I.1. La prospettiva delle monete alternative e delle Reti di Scambio e Credito comunitarie

I.2. Le potenzialità dei modelli ReSCoM e il ruolo della politica

I.3. Difficoltà e limiti

I.4. Superare la contrapposizione tra scambio, redistribuzione, reciprocità e dono

I.5. Recuperare i principi del prendersi cura per reintegrare le economie pubbliche o dei beni comuni, solidali ed ecologiche

I.6. Un nuovo patto politico territoriale per proteggere le persone, il lavoro e i patrimoni ambientali

I.7. Sul rapporto tra “teoria e pratica”, attività di ricerca / formazione e sperimentazione sul campo

(…)

 

  1. La prospettiva delle monete alternative e delle Reti di Scambio e Credito comunitarie

L’analisi delle relazioni che si possono stabilire tra alcuni tipi di monete alternative,  le economie pubbliche ed eco-solidali, e gli organi di governo politico, specialmente locali, assume un’importanza fondamentale se si vuole affrontare alle radici le condizioni di crisi economiche e socio ambientali che stanno colpendo il sistema della crescita globale, e  in misura particolare il nostro paese.

Per diversi ordini di ragioni l’elemento che può fungere da ponte tra realtà che appaiono abbastanza diverse tra loro, come le economie pubbliche e le economie solidali, può essere individuato più precisamente nello sviluppo delle Reti di Scambio e Credito di tipo Mutuale (per brevità ReSCoM), che rappresentano un’espressione particolare e per alcuni aspetti più evoluta delle esperienze  di monete alternative compiute sinora.

Va precisato che nel termine monete alternative possono esser fatte rientrare le monete definite locali, complementari ed anche comunitarie (così come indicato in Ruzzene 2015),  le quali cercano di affrontare le condizioni di crisi con strumenti analoghi ma da angolature che possono risultare diverse (per approfondimenti vedi Criscione, 2013; Perna, 2014). Più precisamente impiegheremo il termine generico di monete alternative quando parleremo di aspetti e problemi che hanno interessato queste esperienze in generale,  mentre nella seconda parte, più articolata e sviluppata in forma seminariale, ci occuperemo dei problemi specifici sollevati dai diversi tipi o modelli di monete, in base ai loro principi costitutivi e organizzativi.

Possiamo già dire che, in larga parte come conseguenza dell’ultima grave crisi finanziaria, la prospettiva delle monete alternative in generale ha incontrato nuove fortune e nuove  condizioni di sviluppo, anche in Italia dopo anni di notevoli difficoltà ed incertezze. E tale prospettiva sta incontrando i maggiori successi proprio nelle varianti che in qualche modo possono essere ricondotte ai modelli delle ReSCoM, dove il concetto di moneta tende ad estinguersi, almeno nella sua veste di valore /potere economico autonomo o dotato di una vita propria, per essere sostituito dal concetto di crediti mutuali, senza interessi.

Nelle relazioni di credito senza interessi che si sviluppano all’interno delle ReSCoM, le strumentazioni monetarie compaiono prevalentemente come unità di conto, la base del valore dei crediti sta nei beni scambiati, mentre i titoli e le relazioni di credito possono risultare di diversa durata, in base agli scopi perseguiti: di breve termine quando si vuole incentivare principalmente la crescita degli scambi economici; oppure sviluppabili nel lungo periodo se si intende sostenere il risparmio e una qualche forma di accantonamento previdenziale, finanziando il perseguimento di  fini collettivi di lunga durata come avviene nel caso delle economie pubbliche.

Quale esempio più concreto, già ben sviluppato, basta ricordare per ora il caso Sardex  che – perseguendo principalmente l’obiettivo del rilancio degli scambi economici – in pochi anni ha visto crescere in misura esponenziale il numero dei suoi aderenti (in gran parte medie e piccole imprese), arrivando a superare nel 2015 le centomila transazioni annuali, per un volume superiore ai cinquanta milioni di euro. Mentre sono già in corso da tempo tentativi di duplicare esperienze analoghe in altre sei regioni italiane (per approfondimenti sulle caratteristiche di fondo del modello Sardex si può vedere Dini e L. Sartori,  2013; Dini e altri 2014).

Nella parte seminariale discuteremo anche delle difficoltà a cui possono andare incontro questo tipo di esperienze dal punto di vista di un loro sviluppo sostenibile, specialmente nelle condizioni di elevata finanziarizzazione e  di crescente importanza dei beni comuni e delle loro attività di cura e gestione, che caratterizzano le società terziarie. E aspetti discutibili sono ravvisabili non tanto nelle difficoltà incontrate nei tentativi di riprodurre l’esperienza Sardex in altre regioni, quanto nelle perplessità che essa può sollevare tra i sostenitori delle prospettive ecologiche e comunitarie.

Le potenzialità di sviluppo delle monete alternative e delle ReSCoM  più in particolare rimangono comunque enormi, in larga parte ancora da far emergere. Non dobbiamo dimenticare che l’esperienza delle monete alternative – concepite come mezzo principale per affrontare condizioni di crisi economico sociali del capitalismo sviluppato – conta appena qualche decennio. O conta poco più di un secolo, se vogliano estendere lo sguardo ai primi progetti di monete alternative,  concepiti in funzione anticapitalistica nel socialismo utopico e di matrice anarchica a partire dalla prima metà dell’ottocento. E si tratta comunque di archi di tempo relativamente brevi, se comparati con gli sviluppi ormai millenari dei sistemi monetari tradizionali.

  1. Le potenzialità dei modelli ReSCoM e il ruolo della politica

Se valutiamo l’intera questione in termini tecnici e strutturali, astraendo momentaneamente dagli attuali rapporti di potere e dalle numerose  resistenze culturali ancora esistenti, si può dimostrare  abbastanza agevolmente che le relazioni di credito sviluppabili secondo i principi di alcuni modelli di ReSCoM possono aiutare ad affrontare in maniera decisiva non solo i fenomeni del debito crescente, pubblico e privato, ma anche i problemi legati alla perdita di un senso della misura dei valori e dei processi economici, che contrassegna i sistemi economici attuali.

Il recupero di un senso della misura dei valori economici serve per conseguire un miglior equilibrio nei processi produttivi e nell’impiego delle risorse lavorative,  favorendo lo sviluppo delle produzioni sostenibili e la riduzione dei consumi superflui; e può servire per ridurre significativamente lo strapotere della stessa finanziarizzazione speculativa (per un approfondimento di questi aspetti si può vedere Ruzzene 2007, 2008 e 2015).

E adeguati sviluppi delle ReSCoM potrebbero favorire il finanziamento di lungo termine e senza interessi delle economie pubbliche ed ecosolidali, favorendo un miglior radicamento nei propri territori, una rivalutazione delle funzioni di governo e delle progettualità politiche,   e una messa in discussione significativa del dominio delle logiche competitive volte allo sfruttamento di ogni risorsa su scala globale.

Nello stesso tempo la politica e gli organi di governo nei loro diversi livelli territoriali possono giocare un ruolo più che fondamentale, decisivo ai fini dello stesso sviluppo sostenibile delle ReSCoM, fornendo loro le risorse e i quadri istituzionali più adeguati. Vedremo che non si tratta solo o tanto di risorse legislative e monetarie  nel senso usuale, sviluppabili in termini di “crediti fiscali” o di “monete complementari pubbliche” (vedi Bernabei, 2013).

Si tratta in primo luogo di risorse simboliche, necessarie per la ricostruzione di identità collettive sufficientemente solide e radicate territorialmente, che sole possono costituire la base per lo sviluppo di progettualità comuni sufficientemente ampie e proiettate nel tempo.  Ma si può pensare anche a quei necessari livelli di garanzia e di legittimità che soggetti pubblici possono assicurare alle relazioni di credito senza interessi (e senza monete) nel lungo termine, sviluppabili nelle relazioni tra i singoli, le imprese e le collettività locali nel loro insieme, a condizione che sappiano approdare alla costituzione di un patto politico stringente, collettivamente vincolante e di chiaro interesse comune.

Infine le dimensioni politico statuali possono costituire anche quella base materiale necessaria per porsi al di fuori delle logiche della crescita monetaria di tipo capitalistico. Mi riferisco specialmente ai beni comuni e alle attività di servizio necessarie per provvedere alla loro cura e riproduzione. Sulla base di nuovi principi di tassazione e di nuove relazioni di scambio, più responsabili ed eque, una diversa valorizzazione di tali beni ed attività può garantire infatti quell’autonomia economica (dalle logiche capitalistiche) necessaria ai fini di uno sviluppo sostenibile delle stesse economie pubbliche, solidali ed ecologiche (su tali aspetti si può vedere Ruzzene 2013 e 2015).

  1. Difficoltà e limiti

Affinché le potenzialità indicate nel paragrafo precedente possano prender corpo bisogna però affrontare le difficoltà e i limiti che hanno condizionato sinora le relazioni tra le dimensioni politico statuali e le economie pubbliche, solidali ed ecologiche (riguardo alle relazioni con le monete comunitarie e complementari vedi Blanc e Fare, 2014). E si devono modificare, in profondità, le stesse concezioni prevalenti di monete alternative, ampliandone in misura significativa sia le funzioni economiche sia le finalità socio-ambientali.

Negli ultimi decenni in quasi tutte le esperienze di monete alternative si è teso a privilegiare le piccole dimensioni e i livelli di organizzazione informali o interpersonali, ponendosi generalmente al di fuori dei contesti politico istituzionali costituiti. E tutto questo ha finito per accentuare in maniera sfavorevole il divario rilevabile tra le risorse comunque necessarie per far funzionare dei sistemi di scambi e crediti alternativi e, da un altro lato, i vantaggi concreti che questi potevano offrire ai loro aderenti o sostenitori potenziali (Ruzzene 2009, Schroeder 2013).

Per quanto riguarda i sistemi di credito di maggiori dimensioni, come il WIR svizzero, in genere si è teso a privilegiare le funzioni di scambio al fine del rilancio dell’occupazione e dei processi di crescita economica, facendo dipendere da questa anche le condizioni di integrazione e identificazione sociale, come sembra avvenire ora nell’esperienza Sardex (vedi Dini e altri 2014). E comunque in questo tipo di esperienze non si tiene abbastanza conto in genere della problematicità di una crescita economica sviluppata a prescindere dalle sue implicazioni ambientali. Né tantomeno si considera l’esigenza di una ridefinizione dei livelli produttivi e di consumo che il passaggio ad una fase di sviluppo economico terziario richiede inevitabilmente, ponendo nuovi problemi nelle relazioni tra economie della produzione di beni di consumo ed economie dei servizi, in particolare di quelle pubbliche, che implicano un sviluppo delle attività di cura e manutenzione dei beni comuni e dei patrimoni ambientali per le quali non sembrano esserci comunque né risorse monetarie né richieste esprimibili direttamente in termini di relazioni di scambio.

Per quanto riguarda le relazioni tra economie pubbliche e solidali ed in particolare quelle comprese nel cosiddetto terzo settore, si sono seguiti invece in prevalenza i principi della specializzazione delle funzioni e dei compiti, finendo per cadere in una nuova contrapposizione tra fini e valori eterogenei. E si sono riprodotti nella sostanza proprio i principi della divisione specialistica del lavoro di tipo capitalistico industriale, trovando concrete possibilità di scambio specialmente nelle dimensioni monetarie ufficiali, in cui i titoli monetari continuano a presentarsi come dotati di un valore economico intrinseco, impersonale e anonimo.

  1. Superare la contrapposizione tra scambio, redistribuzione, reciprocità e principi del dono

La contrapposizione – molto diffusa all’interno delle culture alternative – tra i principi della reciprocità e del dono da una parte, e da un altro lato lo scambio di beni, a fini di interesse prevalentemente economico, o i principi di redistribuzione più equa della risorse, fatti propri dallo stato ma comunque basati sulla produzione di ricchezza monetaria astratta,  non ha aiutato certamente a risolvere i problemi esistenti.

Molto probabilmente ha contribuito a cristallizzare e rafforzare la logica della specializzazione degli ambiti e delle funzioni, contribuendo a rialimentare la competizione per l’appropriazione di risorse monetarie sempre più scarse,  dal momento che non ha aiutato a ripensare concretamente altre forme di valore economico, di scambio e di credito che potessero adattarsi alle esigenze ed ai vincoli delle economie che in diverso modo si trovano a funzionare secondo dei principi di cura, come le economie pubbliche ed eco-solidali.

In gioco devono entrare ora non solo una maggior attenzione per tutti i costi economici ed esistenziali, ma anche la rivalutazione dei processi di risparmio e di accantonamento previdenziale, nel lungo termine e sul piano complessivo, e naturalmente su basi di calcolo e di misura economica sostanzialmente diverse da quelle prevalenti.

Si tratta di aspetti che una cultura ancora sostanzialmente dissipativa ci ha portato a sottovalutare in maniera sconsiderata, lasciandoci dissociati e in balia di una falsa contrapposizione tra  un’apologia dominante dello sfruttamento strumentale di ogni risorsa disponibile e l’esaltazione radicale di un’apparente gratuità dei bisogni o dei desideri individuali, oltre che di una gran parte delle prestazioni e delle risorse pubbliche necessarie per sodisfarli.

Le conseguenze sono ormai ben note:  accentuazione  delle condizioni di debito, pubblico e privato, economico ed ecologico, ed asservimento collettivo ai poteri economici e finanziari. E ancora, anche negli interpreti più accorti,  si continua a rimanere troppo inclini a scaricare ogni responsabilità sulle banche e sulla finanza speculativa (su tali aspetti si può vedere Gesualdi 2013).

L’ultima crisi finanziaria sembra aver comunque portato la competizione per l’accesso alle risorse monetarie ai suoi esiti finali, privando una parte considerevole degli agenti del denaro necessario per portare avanti i loro progetti o anche per riprodurre in maniera sufficientemente equilibrata le loro organizzazioni e le stesse esistenze famigliari, almeno in una prospettiva di lungo periodo.

Di fronte alla gravità delle crisi in corso devono essere ancora trovati dunque non solo nuovi principi per le relazioni di scambio e di credito che si possono sviluppare sulla base di vincoli ambientali e di limiti economici più solidi, sostenibili e sensati. Devono essere trovati prima di tutto  dei nuovi elementi di sintesi e di integrazione economico sociale, in grado di andare oltre a contrapposizioni che hanno ostacolato, più che agevolare, la stessa possibilità di arrivare a prospettive di trasformazione sociale più ampiamente condivise e plausibili.

  1. Recuperare i principi del prendersi cura per reintegrare le economie pubbliche o dei beni comuni, solidali ed ecologiche

Si dovrà innanzitutto andare oltre alla visione della cura (dele persone e dell’ambiente) come attività specialistica, che si dispiega a danni fatti, come avviene nel capitalismo, se non altro per i costi insostenibili che intervenire “a posteriori” comporta (vedi Ruzzene 2007 e 2015).  Il ritorno ai principi del prendersi cura, non solo della persona e dei patrimoni ambientali ma anche o soprattutto delle implicazioni sistemiche, complessive  del proprio agire, dovrebbe orientare non solo le economie pubbliche ed eco solidali ma anche tutte le attività produttive e imprenditoriali.

In questa prospettiva generale possono rientrare una pluralità di esperienze ed approcci,  come quelli di ispirazione olivettiana, di cui ci occuperemo in una sessione apposita di questa scuola, al di là dei limiti e delle problematiche che hanno portato tali esperienze ad un destino di sostanziale isolamento  ed emarginazione (per approfondimenti sull’argomento si può vedere Mancini, 2014).

Anche le prospettive delle monete alternative, sia che si presentino come comunitarie, complementari o locali, dovrebbero infine riassumere i principi del prendersi cura in una prospettiva sistemica. Ciò significa soddisfare anche l’esigenza della riduzione dei costi economici di funzionamento, propri e dell’organizzazione sociale nel suo complesso, tenendo adeguato conto delle implicazioni non solo ambientali ma anche istituzionali del proprio agire. E questo deve avvenire in primo luogo sulla base della ricostituzione dei principi e dei criteri di misura dei valori economici, oltre che del risparmio e miglior impiego o valorizzazione delle risorse naturali e lavorative disponibili, ai singoli ed alle collettività, cosi come è stato delineato all’interno del movimento della decrescita già prima dell’ultima crisi finanziaria (su questi aspetti vedi Ruzzene, 2007).

Nel recupero dei principi del prendersi cura delle implicazioni sistemiche, complessive del proprio agire può e deve fondarsi infine lo sviluppo dei  nuovi patti politici territoriali, di cui si sente un bisogno crescente ormai da tempo (vedi Magnaghi, 2000), e che risultano necessari anche per rafforzare le prospettive politiche, o per minare l’egemonia dei capitali finanziari e delle attività speculative, rilanciando una nuova prospettiva di globalizzazione o di glocalizzazione (Brecher e Costello 1996), integrata con il riferimento alle specificità dei luoghi e dei contesti culturali.

  1. Un nuovo patto politico territoriale per proteggere le persone, il lavoro e i patrimoni ambientali

Lo sviluppo dei principi del prendersi cura può comportare una notevole riduzione dei costi e dei carichi di lavoro alienato e distruttivo, ma comporta anche una inevitabile riduzione della competitività degli agenti in termini di capacità di crescita produttiva (Laville, 1998).

Per questo tutte le attività e le organizzazioni che possono orientarsi secondo i principi del prendersi cura hanno bisogno di nuove forme di sostegno e di protezione, economica e politico istituzionale. E proprio i sistemi di scambio e di credito mutuale, sostenuti da nuovi e più stringenti patti politici territoriali, possono costituire il tessuto più adatto a sviluppare queste ormai necessarie forme di protezione, fornendo nello stesso tempo alla politica nuovi strumenti operativi, come delle adeguate strumentazioni di misura e di programmazione economica, necessarie per un miglior impiego delle risorse disponibili (Ruzzene 2015).

Si tratta in primo luogo di forme di protezione non localistiche ma ecologiche ed universaliste (Lipietz, 2012), perché la cura e la programmazione dell’impiego dei beni comuni ha implicazioni e valenze che esulano dagli ambiti locali, dispiegandosi e facendosi valere appunto in ambito universale. E tutto questo dovrebbe infine conferire nuove valenze e nuova forza allo stesso impegno politico per la difesa dei territori, del lavoro, dei patrimoni ambientali e dei beni comuni, come avremo modo di vedere in maniera più dettagliata nella parte seminariale.

Per chiudere questa prima sintesi introduttiva è opportuno aggiungere che se si vuole sostenere simili prospettive di “sviluppo” (come cambiamento economico sociale di tipo sistemico) si deve saper andare oltre anche ad una ulteriore serie di contrapposizioni e dualismi, che hanno lacerato i movimenti e le prospettive della trasformazione sociale specie nel corso del novecento, e che continuano a dominare le concezioni e le pratiche di cambiamento ancora oggi prevalenti.

Non si tratta solo di superare la contrapposizione tra prospettive immediate (o pratiche) e prospettive di lungo periodo (o strategiche), e tra piccole dimensioni dominate dalle relazioni interpersonali e dimensioni più ampie di tipo sistemico e istituzionale (vedi Ruzzene, 2006). Si tratta anche di superare la contrapposizione tra cambiamenti di base o dal basso e trasformazioni  istituzionali sviluppate nelle dimensioni politico statuali, cercando infine di conciliare le esigenze della radicalità nell’analisi delle cause della crisi con il carattere realistico, o pratico dei cambiamenti a cui si può dar avvio nell’immediato.

La sostenibilità nel tempo dei cambiamenti immediati si può dare infatti solo se questi vengono concepiti in prospettive di più lungo periodo. Così come queste ultime possono prendere corpo sulla base di una più o meno ampia serie di cambiamenti cumulativi che possono prendere avvio a loro volta solo dalle condizioni e dai movimenti di cambiamento esistenti.

  1. Sul rapporto tra “teoria e pratica”, attività di ricerca / formazione e sperimentazione sul campo

Una ricerca teorica solida e rigorosa non può prescindere da tali condizioni, in primo luogo dal riferimento ai rapporti di potere costituiti e dai tentativi compiuti in direzione di una loro trasformazione più o meno ampia. Di entrambi gli aspetti si deve però saper denunciare anche limiti ed incongruenze, sulla base di un’analisi approfondita delle condizioni di sviluppo e delle potenzialità strutturali esistenti, che possono maturare anche in prospettive di lungo periodo.

Ciò che sembra inattuabile oggi,  alla luce delle concezioni e dei rapporti di potere costituiti, può diventare inoltre una condizione necessaria ed inevitabile nel giro di qualche anno, come accade spesso in condizioni di crisi sistemiche molto ampie, profonde e prolungate, come quelle che sembrano contrassegnare la fase storica attuale (per approfondimenti vedi Ruzzene, 2008/2014).

Ma queste possibilità di cambiamento potranno svilupparsi solo se si saranno preparate in qualche modo le condizioni per la loro affermazione, sia sul piano della rappresentazione teorica sia sul piano della sperimentazione di nuove pratiche collettive. Il che vuol dire appunto cercare di reintegrare le dimensioni della ricerca teorica con quelle della pratiche di base, riconoscendo ad entrambe autonomia relativa e pari dignità propositiva, anche all’interno di un confronto dialettico puntuale e stringente.

Ciò vale naturalmente pure per le attività di ricerca e formazione riguardanti le cosiddette Monete alternative, o più in particolare per lo sviluppo delle reti di scambio e di credito di tipo comunitario e mutuale, di cui ci dovremo occupare ora più in dettaglio, nella seconda parte di questa presentazione, nelle prossime relazioni di Francesco Bernabei, Ilio Amisano e Teo Criscione, e nella sessione seminariale pomeridiana.

Riferimenti bibliografici

– Amisano, Ilio (2015), “Susino.2 – Strumenti e modalità di gestione di  un circuito locale di scambio creditizio”, Documento per un gruppo di lavoro sul rilancio dell’esperienza Susino.

– Bernabei, Francesco (2013), “Libro verde. La moneta complementare pubblica”, disponibile in http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/piemonte/MCP%20-%20Libro%20Verde.pdf

– Blanc, J. and M. Fare (2013), ‘Understanding the Role of Governments and Administrations in the Implementation of Community and Complementary Currencies’. Annals of Public and Cooperative Economics. Vol 84 pp.73-81.

– Brecher, J. e T. Costello (1996), Contro il capitale globale. Strategie di resistenza, Milano: Feltrinelli 1996.

– Criscione, Teo (2013), Sistemi monetari alternativi, Tesi in Sviluppo Economico e Cooperazione internazionale, Università degli studi di Firenze.

– Dini P. e L. Sartori (2013), “Sardex da valuta parallela ad istituzione”, relazione tenuta alla Oxford School of Economics,  in http://www.sardex.net/blog/london-school-of-economics-sardex-da-valuta-parallela-ad-istituzione/

– Dini e altri (2014), From an idea to a scalable working model: merging economic benefits with social values in Sardex, in LSE Research on line,  http://eprints.lse.ac.uk/59406/

– Gesualdi, F. (2013), Le Catene del debito e come possiamo spezzarle, Milano: Feltrinelli.

– Laville, Jean Louis (1998), L’economia solidale, Torino: Bollati Boringhieri.

– Lietaer, B., e A. Warmoth (1999), “Designing Bioregional Economies in Response to Globalization”, in http://ceres.ca.gov/tcsf/pathaways/chapter2.html

– Lipiétz, A. (2012), “Un protezionismo universalista”. in http://www.democraziakmzero.org/2013/02/05/un-protezionismo-universalista/.

– Mancini, Roberto (2014), Trasformare l’economia. Fonti culturali, modelli alternative, prospettive politiche, Milano: Franco Angeli.

– Magnaghi, Alberto (2000), Il progetto Locale, Torino: Bollati Boringhieri.

– Perna, Tonino (2014), Monete locali e moneta globale, Milano: Altra Economia.

– Ruzzene, Maurizio (2005),  ‘‘La decrescita reale: Degrado delle condizioni di vita e svalutazione inflazionistica della ricchezza sociale’’. Working paper per la  ‘Scuola Estiva Decrescita’, Isola Polvese, settembre 2005. *

– Ruzzene (2006),  “Politica e sviluppo economico. 30 tesi sui rapporti problematici tra politiche di sinistra e movimenti per la decrescita”, working paper per il “Tavolo decrescita e politica”. *

– Ruzzene (2007), ‘‘Environmental Politics and Actual Degrowth: The issue of a sustainable financing of care activities, public goods, and commons’’. In Flipo, F. and F. Schneider (Eds.) Proceedings of the First International Conference on Economic De-Growth. (Paris 2008) pp.253-258. *

– Ruzzene (2008), Crisi e trasformazione. Economie pubbliche e beni comuni tra stato, finanza speculativa e monete locali, Milano: Punto Rosso (seconda edizione ampliata 2014).

– Ruzzene (2009), “Monete”, In Bosi A., M. Deriu and V. Pellegrino (ed.s) Il dolce avvenire, Parma: Diabasis. *

– Ruzzene (2012), “Degrowth, the financial crisis of public economies, and local currencies”,  Working paper per la terza Conferenza Internazionale sulla decrescita – Venezia 2012.

– Ruzzene (2013),  “Crisi finanziarie delle economie pubbliche e pseudo monete locali”, in Musacchio, R., Pizzo, A., P. Sullo and P. Sentinelli (ed.s), Senza Soldi, Napoli: Intramoenia.

– Ruzzene (2015), “Beyond growth: problematic relationships between the financial crisis, care and public economies and alternative currencies”, International Journal of Community Currency, Research 19 (D) 81-93

– Schroeder, R. F. H. (2013), ‘The Financing of Complementary Currencies: Risks and Chances on the Path toward Sustainable Regional Economies’. Working paper for “Second International Conference on Complementary Currency Systems (CCS) 19-23 June 2013.

 

I testi marcati con * sono reperibili in versione ampliata anche nella seconda edizione di Crisi e trasformazione citato.

Le monete alternative nel sostegno delle economie dei beni comuni*

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