T. Criscione,

Quadro normativo italiano sui sistemi di scambio comunitario

Il seguente paragrafo è stato inserito nella versione itana della guida CCIA (Community Curncy in Action) allo scopo di fornire generiche linee guide sull’analisi normativa riguardante i sistemi di scambio comunitario in Italia.

4.4.1. Le Banche del Tempo [1] [2]

Le Banche del Tempo in Italia trovano tutela giuridica in quanto ‘associazioni di promozione sociale’. La associazione di promozione sociale sono previste dalla Legge 7 dicembre 2000, n.383 “Disciplina delle associazioni di promozione sociale” (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2000, n. 300).

Art.2. (Associazioni di promozione sociale)

Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati. Non sono considerate associazioni di promozione sociale, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati. Le Associazioni di promozione sociale devono essere costituite con atto scritto (art.3) e devono redigere uno statuto in cui devono essere espressamente previsti: denominazione, oggetto sociale, rappresentanza legale, assenza di fini di lucro e le modalità di scioglimento dell’associazione.

Inoltre, l’art.4 si prevede l’istituzione di un Osservatorio nazionale e di un registro nazionale, per le associazioni di promozioni sociali operanti in almeno 5 regioni e 20 province. L’iscrizione a questi registri è obbligatoria per le associazioni che intendono stipulare convenzioni e fruire dei benefici previsti dalla legge n. 383. L’art.14 prevede anche l’istituzione di Osservatori regionali e registri regionali per le associazioni di promozione sociale.

L’istituzione della Banca del Tempo viene inoltre prevista dalla Legge 8 marzo 2000, n.53 
“Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città” (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 13 Marzo 2000, n. 60)

Art. 27. (Banche dei tempi)

  1. Per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l’utilizzo dei servizi della citta’ e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l’estensione della solidarieta’ nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca

solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate “banche dei tempi”.

  1. Gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l’utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresì aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.

Il caso della Regione Piemonte

Ad oggi tuttavia solo la Regione Piemonte sembrerebbe aver adottato una normativa specifica che tuteli le Banche del Tempo in quanto ‘associazioni di promozioni sociale’. Nello specifico viene promossa ed incentivata la costituzione di Banche del Tempo nella Legge della Regione Piemonte N. 01 dell’8 Gennaio 2004 (Titolo 1, capo1, art.43). Infine, La legge regionale n. 07 del 16 febbraio 2006, si occupa della “Disciplina delle associazioni di promozione sociale”. La legge riconosce (art.

1) il valore delle associazioni di promozione sociale come espressioni dei principi di partecipazione, solidarietà e pluralismo e ne promuove lo sviluppo, in attuazione della legge del 7 dicembre 2000, n. 383.

4.4.2. Circuiti di compensazione [3]

Il Codice Civile italiano prevede la possibilità il reciproco trasferimento di beni o servizi, in quanto trattasi di ‘permuta’. L’art. 1552 c.c. recita:

<< La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro.>>[4]

La giurisprudenza rilevante, ad oggi accumulata in materia, specifica:

<<(…) l’accertamento del vizio di una delle cose date in permuta giustifica il risarcimento del danno indipendentemente dalla prova dell’effettiva sua eliminazione, la cui necessità determina comunque una riduzione del valore della “res”. Tale risarcimento pu  essere escluso solo se cumulato con un'”actio quanti minoris”, giacché in tal caso esso assume la valenza di un’eliminazione indiretta del vizio, corrispondente ad un’azione di esatto adempimento, a sua volta esclusa in materia. >> – Cassa con rinvio, App. Trento, 18/02/2011 ; Cassazione civile sez. VI 17 giugno 2014 n. 13717

<< Al fine di stabilire se un contratto traslativo della proprietà di un bene, per il quale la controprestazione sia costituita, in parte, da una cosa in natura e, in parte, da una somma di denaro, costituisca una compravendita o una permuta, una volta che si escluda la duplicità di negozi ovvero l’ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo non già alla prevalenza del valore economico del bene in natura ovvero della somma di denaro, bensì alla comune volontà delle parti, verificando se esse hanno voluto cedere un bene contro una somma di denaro, commutando una parte di essa, per ragioni di opportunità, con un altro bene, ovvero hanno concordato lo scambio di beni in natura, ricorrendo all’integrazione in denaro soltanto per

colmare la differenza di valore tra i beni stessi. >> – Rigetta, App. Potenza, 07/02/2007 ; Cassazione civile sez. II 11 marzo 2014 n. 5605

<<Un contratto traslativo della proprietà, in cui la controprestazione abbia cumulativamente ad oggetto una cosa in natura ed una somma di denaro, pu  realizzare sia la fattispecie di compravendita, con integrazione del prezzo in natura, sia quella di permuta, con supplemento in denaro. Per qualificare il contratto, è necessario ricostruire gli interessi comuni e personali ed accertare se i contraenti abbiano voluto cedere un bene in natura contro una somma di denaro che, per ragioni di opportunità, avevano parzialmente commutata in altro bene, oppure se abbiano concordato lo scambio di due beni in natura, con un’integrazione in denaro per colmare la differenza di valori.>> –  Cassazione civile sez. II 11 marzo 2014 n. 5605

Nel caso di permuta di edifici ed aree edificabili si rimanda alle sentenze:

  • Cassazione civile sez. II 18 settembre 2013 n. 21398;
  • Cassazione civile sez. II 25 ottobre 2013 n. 24172.

4.4.3. Circuiti di buoni sconto [5]

Per tali circuiti si ci affida esclusivamente alle istanze del Rag. Tintori Paolo all’Agenzia delle Entrate. Il primo interpello[6] (con data 4 Luglio 2010) aveva come oggetto l’adesione ad Arcipelago SCEC Toscana da parte dell’istante.

Il quesito dell’interpello descriveva l’Arcipelago SCEC Toscana come associazione con l’obbiettivo di “creare un circuito commerciale riservato ad associati disponibili a scambiarsi reciprocamente riduzioni di prezzo per merci e servizi” e l’emissione di buoni non convertibili in denaro, ma con valore nominale, distribuiti agli aderenti gratuitamente. L’utilizzo di tali buoni prevede un’accettazione minima del 20% in SCEC. Si riporta:

<< L’istante chiede di conoscere se, ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie sotto il profilo delle imposte dirette e dell’IVA, possa ricondursi la fattispecie in esame alla categoria degli sconti contrattuali, ammettendosi le relative deducibilità dal reddito – ai sensi dell’art.109 del TIUR – e concorrenza alla diminuzione della base imponibile – ai sensi dell’art.13 del D.P.R. n.633 del 1972.>>

Il parere dell’Agenzia delle Entrate riporta la sentenza delle Corte di Giustizia (sentenza del 27 Aprile 1999, proc. C-48/97) per chiarire la definizione di buono sconto:

<< le stesse espressioni di ribasso e riduzione di prezzo rimandano ad una riduzione soltanto parziale del prezzo totale pattuito. Per contro, allorché la riduzione rappresenta il 100% del prezzo, ricorre in realtà una cessione a titolo gratuito >>

Inoltre, secondo la Corte Suprema (sentenza del 5 Marzo 2007, n. 5006):

<< lo sconto è una componente che incide direttamente sul prezzo della merce compravenduta o del servizio scambiato  riducendone l’ammontare per le singole operazioni compiute. >>

Definendo dunque lo SCEC come “sconto incondizionato” l’Agenzia delle Entrate conclude:

<< 1. ai fini delle imposte dirette, i buoni ricevuti rappresentino ‘abbuoni passivi’ da porre in diminuzione dei ricavi conseguiti nel periodo d’imposta, ai sensi dell’art. 2425bis del Codice Civile, cui occorre fare riferimento anche per la determinazione del reddito imponibile ai sensi dell’art.83 TUIR (si tratterebbe invece di ‘abbuoni attivi’ ove si fossero ottenuti sconti per le forniture ricevute nell’esercizio d’impresa). 2. ai fini dell’IVA, occorrerà fatturare unicamente i corrispettivi monetari ricevuti per le forniture effettuate, ai sensi dell’art.13, comma 1 del menzionato D.P.R. n.633 del 1972 >>

Il secondo interpello esposto dal Rag. Tintori Paolo riguarda il QUINC.[7] Nel caso della rete QUINC, per  il buono sconto ‘incondizionato’ era valorizzato in unità di credito virtuali. Il peculiare funzionamento di tale circuito associava caratteristiche proprie del circuito di compensazione con quelle di un circuito di buoni sconto. Riportiamo alcuni estratti dell’esito positivo dell’Agenzia delle Entrate:

<<l’istante potrà accettare i buoni virtuali “QUINC” per il pagamento parziale del corrispettivo afferente i beni venduti fino ad un massimo del 30% del prezzo praticato. (…) Infatti, ogni impresa aderente potrà vendere i propri prodotti e servizi alle altre aziende aderenti al circuito applicando uno sconto volontario. Tale sconto sarà quantificato in unità di conto virtuali utilizzabili all’interno del circuito per l’acquisto di beni o servizi. Il progetto non prevede la creazione di una moneta cartacea bensì le aziende che applicano sconti ad altre imprese hanno virtualmente la possibilità di utilizzare un uguale importo di sconti per acquisti nell’ambito del circuito. Ci  senza obbligo da parte degli aderenti, ma sempre su base volontaria.(…) fermo restando che i buoni virtuali non potranno mai essere convertiti in denaro ovvero rimborsati.(…) Si ritiene quindi che la consegna del buono configuri uno sconto quando consente riduzioni parziali di prezzo (fermo restando che il mancato pagamento non deve comunque essere connesso ad un’obbligazione di terzi, perché in tale ipotesi si sarebbe in presenza di un’integrazione di corrispettivo). (…) Alla luce dei chiarimenti giurisprudenziali la scrivente ritiene che l’operazione descritta nell’interpello presenti le caratteristiche dello ‘sconto incondizionato’, manifestandosi quale riduzione di prezzo praticato al cliente e senza che ci  sottenda alcuna controprestazione o condizione.>>

4.4.5. Alcune peculiarità regionali[8]

4.4.5.1. La Regione Emilia Romagna

Con la legge regionale del 23 Luglio 2014 N. 19 (“Norme per la promozione ed il sostegno dell’economia solidale”) riconosce esplicitamente l’Economia Solidale quale modello economico (art.1), nello specifico, che si sviluppa anche attraverso finanza etica, mutualistica e solidale[9] (art.1, punto i) sistemi di scambio locale[10] (art.1, punto l)  e banche del tempo (art.1, punto p). La Regione Emilia Romagna dunque “riconosce, valorizza e sostiene le Reti di Economia Solidale (RES), i Distretti di Economia Solidale (DES), i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) e le altre aggregazioni di cittadini e di operatori economici di cui all’articolo 3, nate per promuovere la cultura e le prassi volte all’attuazione e alla diffusione dell’Economia Solidale”(art.2).

La Regione promuove e sostiene:

  • “lo scambio di azioni e saperi tra le perso- ne basato sul tempo come unità di misura, per lo sviluppo di relazioni fiduciarie di comunità” (art.4 comma b punto 2);
  • “lo sviluppo di strumenti finanziari dal basso, quali: iniziative di azionariato diffuso e fondi di garanzia mutualistici costituiti da risparmi privati destinati a sostenere progetti di economia sociale e solidale; raccolta fondi per produzioni indipendenti e autogestite; azioni innovative attraverso processi di rete che rispondano ai bisogni emergenti sul territorio e sostengano le nuove esigenze di fragilità sociale ” (art.4 comma e punto 1);
  • “la nascita, la diffusione e l’utilizzo, anche da parte di Regione ed Enti Locali, di strumenti di scambio non monetari creati dal basso promuovendo altresì il confronto e l’approfondimento sul tema delle monete complementari” (art.4 comma e punto 4).

Infine, è utile ricordare che tale legge istituisce il Tavolo Regionale Permanente per l’Economia Solidale, quale “strumento istituzionale deputato ad attivare percorsi condivisi per la promozione dei programmi, delle azioni e delle misure di sostegno per lo sviluppo dell’Economia Solidale previsti dalla presente legge” (art.7 punto 3), ed infine l’Osservatorio dell’Economia Solidale dell’Emilia-Romagna con la finalità di “predisporre analisi e rapporti annuali relativi al circuito dell’Economia Solidale, su scala regionale e territoriale, elaborando indicatori di benessere, equità e solidarietà, anche in coerenza con gli indicatori di Benessere equo e sostenibile (BES) individuati da ISTAT e CNEL” (art.8 punto 1).

4.4.5.2. La Regione Lombardia

La Legge Regionale 5 agosto 2014, n. 24 riporta:

<< Alla legge regionale 19 febbraio 2014, n. 11 (Impresa Lombardia: per la libertà di impresa, il lavoro e la competitività) sono apportate le seguenti modifiche: (…) Art. 4

(Circuito di compensazione regionale multilaterale e complementare)

  1. Ai fini dell’attuazione di quanto disposto dagli articoli 2 e 3, con particolare riguardo alle misure di accesso al credito, la Regione promuove la costituzione, in forma sperimentale, di un circuito di compensazione regionale multilaterale e complementare, da intendersi esclusivamente quale strumento elettronico di compensazione multilaterale locale per lo scambio di beni e servizi. Tale circuito presenta carattere di volontarietà.
  2. La Giunta regionale, previo parere della competente commissione consiliare, con appositi provvedimenti dispone le norme attuative e la disciplina del circuito di compensazione regionale complementare e multilaterale di cui al comma 1, garantendo il rispetto dei principi e delle norme tributarie dello Stato.’ >> (art. 21 Disposizioni finanziarie comma 3 punto b)

4.4.6. La E-Money Directive in Italia [11]

La E-Money Directive 2000/46/CE è stata recepita in Italia con la Legge 1 marzo 2002 n. 39 aggiungendo al Testo Unico Bancario il Titolo V-bis dedicato agli istituti di moneta elettronica (IMEL). L’art.1 riporta la definizione di Moneta Elettronica:

<< un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall’emittente >>[12]

L’art. 114-bis del Testo Unico Bancario ha riservato l’emissione della moneta elettronica alle banche e agli Istituti di Moneta Elettronica (IMEL), prevedendo per questi ultimi una specifica disciplina. Gli Istituti di Moneta Elettronica sono definiti come: “Soggetti diversi dalle banche che svolgono in via esclusiva l’attività di emissione di moneta elettronica. Possono anche svolgere attività connesse e strumentali all’emissione di moneta elettronica e offrire servizi di pagamento. Non possono svolgere l’attività di concessione di crediti, in alcuna forma.”[13] La moneta elettronica è emessa previa ricezione di somme non inferiore al valore monetario emesso. La ricezione di fondi tuttavia non si configura come raccolta del risparmio tra il pubblico; le somme ricevute dall’IMEL a fronte della moneta elettronica emessa non costituiscono depositi della clientela, su di esse non sono corrisposti interessi e le stesse non sono coperte dai sistemi di garanzia dei depositi.  Gli IMEL, in quanto enti creditizi, sono assoggettati alla disciplina in materia di Riserva Obbligatoria, emanata dalla Banca d’Italia conformemente alle disposizioni della Banca Centrale Europea. La Banca d’Italia interviene inoltre per verificare l’esistenza delle condizioni atte a garantire la sana e prudente gestione dell’IMEL, valutando sul piano tecnico il programma di attività e la sussistenza delle condizioni di idoneità dei partecipanti al capitale e del gruppo di appartenenza dell’IMEL.

Nell’esame della domanda di autorizzazione, la Banca d’Italia verifica i seguenti presupposti oggettivi: –   adozione della forma di società per azioni;

  • presenza della sede legale e della direzione generale dell’IMEL nel territorio della Repubblica italiana;
  • esistenza di un capitale versato di ammontare non inferiore a 1 milione di euro. Il capitale

sociale minimo deve essere interamente versato. Nel caso in cui il capitale iniziale comprenda anche conferimenti in natura, detti conferimenti non possono eccedere i sette decimi dell’ammontare complessivo del capitale.

  • presentazione di un programma di attività iniziale, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto;
  • possesso da parte dei partecipanti rilevanti al capitale dell’IMEL dei requisiti di onorabilità stabiliti nel Decreto del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 18 marzo 1998, n. 144;
  • possesso da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nell’IMEL dei requisiti di professionalità e di onorabilità stabiliti nel Decreto del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 18 marzo 1998, n. 161;
  • insussistenza, tra l’IMEL o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, di stretti legami che ostacolino l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza.

La Banca d’Italia nega l’autorizzazione quando dalla verifica delle predette condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione, in caso contrario rilascia l’autorizzazione entro

90 giorni dalla data di ricevimento della domanda.

Il rilascio dell’autorizzazione è una condizione fondamentale per l’iscrizione dell’IMEL nel registro delle imprese.

Il certificato che attesta la data di iscrizione della società nel registro delle imprese dovrà in seguito essere inoltrato dall’IMEL alla Filiale competente, in modo da consentire alla Banca d’Italia di iscrivere l’IMEL all’albo di cui all’art. 114-bis, comma 2, del TUB.

La direttiva 2009/110/CE, del 16 settembre 2009, relativa a “L’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica” (direttiva IMEL2), ha modificato la disciplina degli IMEL allineandola a quella degli istituti di pagamento[14]. La scopo della direttiva è: “definire un regime prudenziale omogeneo per gli intermediari che operano nel settore dei pagamenti in modo da stimolare l’efficienza e la concorrenza in questo segmento del mercato finanziario.”[15] Con il Decreto Legislativo del 16 aprile 2012 n. 45, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 28 aprile 2012, la direttiva 2009/110/CE ha trovato attuazione in Italia.

Rispetto alla regolamentazione vigente, la nuova direttiva amplia le possibilità operative degli IMEL e ne semplifica il regime di vigilanza, inoltre il d.lgs. 45/2012 ha comportato la sostituzione del Titolo V-bis artt. 114-bis e ss. L’art. 114-bis dispone che l’emissione di moneta elettronica è riservata alle banche (Banca centrale europea, banche centrali comunitarie), agli istituti di moneta elettronica, lo Stato italiano e gli altri Stati comunitari, le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali, nonché Poste Italiane.

Gli IMEL oltre all’attività di emissione della moneta elettronica possono:

  • svolgere l’intera gamma dei servizi di pagamento;
  • erogare finanziamenti in relazione ai servizi di pagamento prestati, di durata non superiore ai dodici mesi;
  • prestare attività imprenditoriali, c.d. IMEL ibridia condizione che per tale attività costituiscano un patrimonio destinato.

L’ammontare del capitale necessario per l’avvio dell’attività è stato fissato a 350 mila euro anziché un milione di euro. Nell’ambito del regime prudenziale è previsto che la composizione del patrimonio di vigilanza venga allineato a quello adottato dalle banche con la Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006. Sono previste nuove regole in tema di tutela dei fondi ricevuti dalla clientela a fronte della moneta elettronica emessa; gli IMEL devono tenere evidenze contabili di tali somme in modo da poter ricostruire la posizione di ciascun cliente e le somme ricevute dovranno essere depositate presso una banca o investite in attività a basso rischio ed elevata liquidità. L’art. 114quater comma 2 dispone che gli istituti di moneta elettronica trasformino immediatamente in moneta elettronica i fondi ricevuti dal richiedente.

Per la distribuzione e il rimborso della moneta elettronica possono avvalersi di persone fisiche o giuridiche che agiscano in loro nome. Poiché il ricorso a reti convenzionate, per le attività di distribuzione e rimborso della moneta elettronica emessa, comporta dei rischi in tema di organizzazione e controllo, sono stati rinforzati i presidi imposti per l’esternalizzazione di funzioni aziendali.  Infine, secondo quanto indicato dall’art. 114-quinquies.4 comma 1, la Banca d’Italia pu  esentare in casi particolari gli istituti di moneta elettronica dall’applicazione di disposizioni previste dal presente titolo, tuttavia, gli istituti di moneta elettronica esentati non potranno beneficiare delle disposizioni per il mutuo riconoscimento.

4.4.6. La Payment Services Directive in Italia

La Payment Services Directive 2007/64/CE è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo del 27 Gennaio 2010 n.11. Riportiamo qui di seguito gli aspetti più salienti che potrebbero interessare un sistema di scambio comunitario.

L’art.1 definisce:

– “servizi di pagamento” (comma b):

  • servizi che permettono di depositare il contante su un conto di pagamento nonché 
tutte le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento;
  • servizi che permettono prelievi in contante da un conto di pagamento nonché tutte 
le operazioni richieste per la gestione di un conto di pagamento;
  • esecuzione di ordini di pagamento,incluso il trasferimento di fondi,su un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento dell’utilizzatore o presso un 
altro prestatore di servizi di pagamento;
  • Esecuzione di operazioni di pagamento quando i fondi rientrano in una linea di 
credito accordata ad un utilizzatore di servizi di pagamento:
  • emissione e/o acquisizione di strumenti di pagamento;
  • rimessa di denaro;
  • esecuzione di operazioni di pagamento ove il consenso del pagatore ad eseguire 
l’operazione di pagamento sia dato mediante un dispositivo di telecomunicazione, digitale o informatico e il pagamento sia effettuato all’operatore del sistema o della rete di telecomunicazioni o digitale o informatica che agisce esclusivamente come intermediario tra l’utilizzatore di servizi di pagamento e il fornitore di beni e servizi;
  • “sistema di pagamento, sistema di scambio, di compensazione e di regolamento” (comma d): un sistema di trasferimento di fondi con meccanismi di funzionamento formali e standardizzati e regole comuni per il trattamento, la compensazione e/o il regolamento di operazioni di pagamento;
  • “prestatore di servizi di pagamento” (comma g): istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento nonché, quando prestano servizi di pagamento, banche, Poste Italiane s.p.a., la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali se non agiscono in veste di autorità monetarie, altre autorità pubbliche, le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali se non agiscono in veste di autorità pubbliche;
  • “conto di pagamento” (comma l): un conto intrattenuto presso un prestatore di servizi di pagamento da uno o più utilizzatori di servizi di pagamento per l’esecuzione di operazioni di pagamento;
  • “strumento di pagamento” (comma s): qualsiasi dispositivo personalizzato e/o insieme di procedure concordate tra l’utilizzatore e il prestatore di servizi di pagamento e di cui l’utilizzatore di servizi di pagamento si avvale per impartire un ordine di pagamento;

L’ambito di applicazione (art.2) del decreto esclude tra l’altro:

  • operazioni di pagamento basate su uno dei seguenti tipi di documenti cartacei, con i 
quali viene ordinato al prestatore di servizi di pagamento di mettere dei fondi a disposizione del beneficiario: assegni, titoli cambiari, voucher, traveller’s cheque, vaglia postali; (comma g)
  • operazioni di pagamento realizzate all’interno di un sistema di pagamento o di un sistema di regolamento dei titoli tra agenti di regolamento, controparti centrali, stanze di compensazione e/o banche centrali e altri partecipanti al sistema e prestatori di servizi di pagamento, fatto salvo l’articolo 30; (comma h)
  • operazioni di pagamento eseguite tramite qualsiasi dispositivo di telecomunicazione, digitale o informatico, quando i beni o servizi acquistati sono consegnati al dispositivo di

telecomunicazione, digitale o informatico, o devono essere utilizzati tramite tale dispositivo, a condizione che l’operatore di telecomunicazione, digitale o informatico, non agisca esclusivamente quale intermediario tra l’utilizzatore di servizi di pagamento e il fornitore dei beni e servizi; (comma n)

 

L’art.33 (titolo III – “Disciplina degli istituti di pagamento”) inserisce al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 il “titolo V-ter” sugli Istituti di Pagamento. La prestazione di servizi di pagamento è riservata alle banche, agli istituti di moneta elettronica e agli istituti di pagamento (Art. 114-sexies). Gli istituti di pagamento indicano negli atti e nella corrispondenza l’iscrizione nell’albo degli istituti di pagamento (Art. 114-septies).

Le attività accessorie esercitabili dagli Istituti di Pagamento sono (Art. 114-octies):

  1. concedere crediti in stretta relazione ai servizi di pagamento prestati e nei limiti e con le modalità stabilite dalla Banca d’Italia;
  2. prestare servizi operativi o strettamente connessi, come la prestazione di garanzie per l’esecuzione di operazioni di pagamento, servizi di cambio, attività di custodia e registrazione e trattamento di dati;
  3. gestire sistemi di pagamento.

La Banca d’Italia autorizza gli istituti di pagamento quando ricorrano le seguenti condizioni (Art. 114-novies):

  • sia adottata la forma di società di capitali;
  • la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica;
  • il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca 
d’Italia in relazione al tipo di servizio di pagamento prestato;
  • venga presentato un programma concernente l’attività iniziale e la struttura 
organizzativa, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto;
  • il possesso da parte dei titolari di partecipazioni di cui all’articolo 19, comma 1, e degli 
esponenti dei requisiti previsti ai sensi degli articoli 25 e 26;
  • non sussistano, tra gli istituti di pagamento o i soggetti del gruppo di appartenenza e 
altri soggetti, stretti legami che ostacolino l’effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza.

Gli istituti di pagamento detengono, nel rispetto delle modalità stabilite dalla Banca d’Italia, le somme di denaro della clientela in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione dei servizi di pagamento. Le somme di denaro immesse nei conti di pagamento non costituiscono fondi con obbligo di rimborso ai sensi dell’articolo 11, né moneta elettronica ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera h-ter) – (Art. 114-duodecies comma 1).

Infine l’art. 126-octies (Denominazione valutaria dei pagamenti) stabilisce che: i pagamenti sono effettuati nella valuta concordata dalle parti (comma 1); se al pagatore è offerto, prima di disporre un’operazione di pagamento, un servizio di conversione valutaria dal beneficiario ovvero presso il punto vendita da un venditore di merci o da un fornitore di servizi, colui che propone il servizio di conversione gli comunica tutte le spese e il tasso di cambio che sarà utilizzato per la conversione. Il pagatore accetta il servizio su tale base (comma 2).

4.5. Riassunto: quadro normativo delle CCSs in Italia

1.    Banche del Tempo nel sistema normativo italiano (tratto dal sito ufficiale banchedeltempo.to.it )

  • le Banche del Tempo in Italia trovano tutela giuridica in quanto ‘associazioni di promozione sociale’. La associazione di promozione sociale sono previste dalla Legge 7 dicembre 2000, n.383 “Disciplina delle associazioni di promozione sociale” (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2000, n. 300) ;
  • 2. (Associazioni di promozione sociale): sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati. Non sono considerate associazioni di promozione sociale, ai fini e per gli effetti della presente legge, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati
  • l’istituzione della Banca del Tempo viene inoltre prevista dalla Legge 8 marzo 2000, n.53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città” (Pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 13 Marzo 2000, n. 60);
  • Art.27. c.1.: per favorire lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l’utilizzo dei servizi della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire l’estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e promuovere la costituzione di associazioni denominate “banche dei tempi
  • Art.27. c.2.: gli enti locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro favore l’utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di promozione, formazione e informazione. Possono altresì aderire alle banche dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.

2.           Compensazione multilaterale o baratto commerciale nel sistema normativo italiano

Il Codice Civile italiano prevede la possibilità il reciproco trasferimento di beni o servizi, in quanto trattasi di ‘permuta’. L’art. 1552 c.c. recita: << La permuta è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro.>> . Nonostante nella permuta si abbia lo scambio di un bene con un altro bene essa è un contratto consensuale e non reale (1376 c.c.); è un contratto ad effetti reali e, per definizione, oneroso. Rispetto alla vendita (1470 c.c.) il pagamento di un prezzo in denaro è sostituito dal trasferimento della proprietà di una cosa; come per essa, possono essere necessarie una certa forma e la trascrizione a seconda dell’oggetto (1350, 2643, n. 1 c.c.) . Non viene stabilito un prezzo: peculiarità del contratto di permuta infatti è quella di trasferire beni o diritti acquisiti, essendo peraltro una versione più moderna dell’antico metodo del baratto.

  • <<Al fine di stabilire se un contratto traslativo della proprietà di un bene per il quale la controprestazione sia costituita, in parte, da una cosa in natura e, in parte, da una somma di denaro, costituisca una compravendita o una permuta, una volta che si escluda la duplicità di negozi ovvero l’ipotesi del contratto con causa mista, occorre avere riguardo (…) alla comune volontà delle parti (…) ovvero (se) hanno concordato lo scambio di beni in natura, ricorrendo all’integrazione in denaro soltanto per colmare la differenza di valore tra i beni stessi >> – Rigetta, App. Potenza, 07/02/2007 , Cassazione civile sez. II 11 marzo 2014 n. 5605
  • <<(…) se i contraenti abbiano voluto cedere un bene in natura contro una somma di denaro che, per ragioni di opportunità, avevano parzialmente commutata in altro bene, oppure se abbiano concordato lo scambio di due beni in natura, con un’integrazione in denaro per colmare la differenza di valori. >> – Cassazione civile sez. II 11 marzo 2014 n. 5605

2.1. Permuta di beni e/o servizi tra soggetti I.V.A. (imprese e liberi professionisti).

Quando gli scambi avvengono tra operatori economici nell’esercizio di una impresa o nell’esercizio di arte o professione costituiscono operazioni imponibili ai fini IVA (art. 1 DPR 633/72). Si tratta di processi soggetti ad IVA (consegna dei beni e/o servizi, art. 2 e 3 DPR 633/1972). L’operazione di scambio o di baratto si qualifica fiscalmente come un contratto di permuta (art. 1552 C.C.), tali operazioni sono regolate dall’art. 11 e dall’art.13, comma 2, lett. d), del D.P.R. 633/1972.

2.2. Permuta di beni e/o servizi tra soggetto I.V.A. e soggetto I.V.A. esente

Ai fini IVA è considerato un’operazione di permuta anche lo scambio di beni contro servizi o servizi contro servizi: attraverso l’art. 11 e dall’art.13, comma 2, lett. d), del D.P.R. 633/1972, si chiarisce che lo scambio di beni contro beni o servizi contro servizi che avvengano tra un elemento assoggettato ad i.v.a ed un altro i.v.a esente, rientra nelle regole della permuta. Le spese per la realizzazione della permuta vengono sempre divise in parti uguali fra i contraenti, salvo ovviamente diversa disposizione contrattuale.

3. Circuiti di credito mutuale nel sistema normativo italiano

Qualsiasi operazione di scambio o baratto viene in effetti qualificato come contratto di permuta (art. 1552 del Codice Civile) essendo la permuta una sorta di evoluzione del concetto di baratto.

Permuta di beni e/o servizi tra soggetti esenti I.V.A. (ovvero tra privati cittadini)

In caso di permuta tra privati di beni immobili le tasse di trasferimento di proprietà verranno calcolate solo sull’immobile di maggior valore economico e poi suddivide equamente fra i due permutanti. In caso di permuta di beni mobili tra privati (autovetture, motociclette, etc…) il valore dei beni viene valutato attraverso la stima di alcuni parametri quali l’anno di produzione, lo stato in essere del bene, l’eventuale valore di immagine o valore di mercato

  1. Buoni sconto nel sistema normativo italiano

Agenzia delle Entrate – Interpello N. 954-625/2009 Prot. N. 954-99427/2010 (Roma, 14 Luglio 2010) – istante Tintori Paolo

Definendo lo SCEC come “sconto incondizionato” l’Agenzia delle Entrate conclude: 1. ai fini delle imposte dirette, i buoni ricevuti rappresentino ‘abbuoni passivi’ da porre in diminuzione dei ricavi conseguiti nel periodo d’imposta, ai sensi dell’art. 2425bis del Codice Civile, cui occorre fare riferimento anche per la determinazione del reddito imponibile ai sensi dell’art.83 TUIR (si tratterebbe invece di ‘abbuoni attivi’ ove si fossero ottenuti sconti per le forniture ricevute nell’esercizio d’impresa).  2. ai fini dell’IVA, occorrerà fatturare unicamente i corrispettivi monetari ricevuti per le forniture effettuate, ai sensi dell’art.13, comma 1 del menzionato D.P.R. n.633 del 1972.

Agenzia delle Entrate – Interpello N. 909-651/2013 – Prot. N. 909-4953/2014 (Bologna, 3 Febbraio 2014) -istante Paolo Tintori

vv<<..l’istante potrà accettare i buoni virtuali “QUINC” per il pagamento parziale del corrispettivo afferente i beni venduti fino ad un massimo del 30% del prezzo praticato. (…) Infatti, ogni impresa aderente potrà vendere i propri prodotti e servizi alle altre aziende aderenti al circuito applicando uno sconto volontario..>>

<<Alla luce dei chiarimenti giurisprudenziali la scrivente ritiene che l’operazione descritta nell’interpello presenti le caratteristiche dello ‘sconto incondizionato’, manifestandosi quale riduzione di prezzo praticato

[1] Per la stesura di questo paragrafo si ringraziano: Pierluigi Paoletti (Ass. Arcipelago SCEC) e la Scuola di Studi Giuridici e Monetari Giacinto Auriti.

[2] Il paragrafo è stato redatto consultando il materiale giuridico fornito dall’Ass. italiana Banche del Tempo. Per maggiori informazioni si rimanda al sito web: http://www.banchedeltempo.to.it/normativa

[3] Per la stesura di questo paragrafo si ringraziano: Pierluigi Paoletti (Ass. Arcipelago SCEC) e la Scuola di Studi Giuridici e Monetari Giacinto Auriti.

[4] Nonostante nella permuta si abbia lo scambio di un bene con un altro bene essa è un contratto consensuale e non reale (1376 c.c.); è un contratto ad effetti reali e, per definizione, oneroso. Rispetto alla vendita (1470 c.c.) il pagamento di un prezzo in denaro è sostituito dal trasferimento della proprietà di una cosa; come per essa, possono essere necessarie una certa forma e la trascrizione a seconda dell’oggetto (1350, 2643, n. 1 c.c.). – brocardi.it

[5] Per la stesura di questo paragrafo e l’aver consentito la consultazione del materiale giuridico si ringraziano: Paolo Tintori e Giuseppe De Gioiosa (SARGO s.c.r.l.)

[6] Agenzia delle Entrate – Interpello N. 954-625/2009 Prot. N. 954-99427/2010 (Roma, 14 Luglio 2010) – istante Tintori

Paolo

[7] Agenzia delle Entrate – Interpello N. 909-651/2013 – Prot. N. 909-4953/2014 (Bologna, 3 Febbraio 2014)

[8] Per la stesura di questo paragrafo si ringraziano: Pierluigi Paoletti (Ass. Arcipelago SCEC) e la Scuola di Studi Giuridici e Monetari Giacinto Auriti.

[9] Art. 3, Definizioni, “Finanza etica, mutualistica e solidale”: << l’attività finanziaria che si fonda sui principi del credito come diritto umano, della trasparenza, della mutualità, della partecipazione alle decisioni da parte di soci e risparmiatori, della responsabilità sociale e ambientale, come criteri vincolanti per gli impieghi, di un’adesione globale e coerente di tutta l’attività del soggetto finanziario, escludendo l’arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro e ogni tipo di prestito nei confronti di quelle attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona. >> – legge regionale del 23 Luglio 2014 N. 19 (“Norme per la promozione ed il sostegno dell’economia solidale”)

[10] Art. 3, Definizioni, “Sistemi di scambio non monetario”: << insieme di strumenti attraverso cui gli aderenti, su base volontaria, si scambiano beni e servizi senza l’intermediazione di denaro.>> – legge regionale del 23 Luglio 2014 N. 19 (“Norme per la promozione ed il sostegno dell’economia solidale”)

[11] estratto da: Tesi di laurea di Daniela Brunno (rel. Annarita Trotta), I sistemi monetari alternativi, facoltà di giurisprudenza, Università degli studi Magna Graecia di Catanzaro, anno 2011/2012

[12] http://www.arbitrobancariofinanziario.it/documenti/leggi/TUB.pdf

[13] http://www.bancaditalia.it/vigilanza/regolamentati/imel

[14] Categoria di intermediari introdotta nel nostro ordinamento in attuazione della direttiva 2007/64/CE.

[15] http://www.bancaditalia.it/vigilanza/cons-pubblica/proc_concluse/cons-concluse-no- norm/moneta_elettronica/ DOC_CONS_IP_IMEL_01_CN.pdf

Quadro normativo italiano sui sistemi di scambio comunitario

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